Fondamenta del Rap Italiano: I Club Dogo

La scoperta della musica rap è un fattore quasi assiomatico nelle generazioni di oggi. Per esempio, l’approdo alle scuole medie – fascia di età in cui il rap inizia a riscuotere i primi ascolti ormai – per quelli nati nei primi anni del 2000 è stato marchiato indelebilmente dagli ascolti di Fedez, Emis Killa e mille altri nomi che spesso si ricordano con una nostalgia davvero simpatica, basta considerare il valore affettivo attribuito ancora da molti al duo di “Supereroi Falliti”, Mostro e Lowlow, o chissà a quanti altri rapper, propri delle esperienze di ogni singola persona. Quelli che vengono “ricordati” da più persone, anche al di fuori degli ascoltatori del rap, sono tendenzialmente gli stessi che hanno cominciato a fare questo genere quando “le zarre si son messe le prime Buffalo”, dalla fine degli anni ’90: Fibra con gli Uomini di Mare, Noyz Narcos con il Truceklan prima e da solista poi, Neffa e anche Le Sacre Scuole, base per il progetto dei Dogo, essendo state composte da Guè (il Guercio), Jake (Fame) e Dargen (Corvo d’Argento). L’evoluzione musicale e non di due terzi delle Sacre Scuole – parliamo di Guè e Jake – è stata uno spartiacque nell’evoluzione del rap italiano, che ha un rapporto di Odi et Amo con quello che Guè, Jake e Don Joe, membro fondante dei Dogo, hanno creato: il Club non è banalmente una pietra miliare, potrebbe essere posto sul piano di Fabri Fibra, nella zona di quelli che hanno saputo stregare più e più generazioni, entrando nell’immaginario collettivo con una prepotenza ammirevole.

Il tentativo di percorrere la loro carriera musicale è stato fatto più e più volte: ci sono articoli, una serie tv, loro stessi hanno scritto un libro, ma non è comunque abbastanza. Non lo è per il peso che hanno avuto nel corso degli anni e nella crescita del rap italiano, a partire da Mi Fist, considerato uno spartiacque: c’è un prima e un dopo, in maniera più che netta. Nel disco non c’è solo gangsta rap ma comunque hanno “fatto il coca-rap prima dei rapper ad Atlanta”, dirà qualche anno dopo Jake nel pezzo cult “Puro Bogotà”; proseguendo nell’ascolto ci imbattiamo nel conscious più profondo, senza mai togliere l’aspetto pulp, caratterizzante nei primi anni di attività. Per quanto col tempo i fan abbiano lamentato il loro “non essere più quelli di Mi Fist”, i Dogo sono stati capaci di apportare elementi di cui ora siamo persino stufi, in alcuni casi: la componente nuova del rap di strada molto violento e vanitoso è alle fondamenta di una trap dedicata agli aspetti più volubili della vita, così come il sonoro, di chiara ispirazione americana, ma fatto a Milano, dove viene anche a formarsi la Dogo Gang – il trio con l’aggiunta di nomi come Marracash, Vincenzo da Via Anfossi, Deleterio.

Oltre all’aver utilizzato spesso e volentieri un lessico sofisticato “per il rap”, i Dogo sono stati tra gli unici capaci di fondere più generazioni sotto il loro nome, tra featuring, mixtape e album, anche come singoli. Partendo da Don Joe, potremmo considerare l’esempio perfetto quello di Milano Soprano in cui è possibile trovare una lista di nomi tanto lunga quanto variegata: Emis Killa, MYSS KETA, Silent Bob, Venerus e così via, il suono è “suo” e anche chi non fa rap, finisce per rappare in maniera più che rispettevole; per Jake sono state ottime le uscite su sonorità più frivole, mantenendo comunque altissima l’asticella, seppur facendo reggaeton, non prima di aver portato ai primi posti delle classifiche Spotify un album molto old school come 17, con Emis. Arrivando a parlare di Guè Pequeno sarebbe necessario aprire un altro capitolo: puoi amarlo, odiarlo, o provare qualsiasi tipo di sentimento nei suoi confronti, ma resta innegabilmente tra i numeri uno del rap italiano e dire che lo è  in generale nella musica italiana non è così assurdo come suona, in fondo anche lui è salito sul palco di Sanremo, partecipando anche alla vittoria del Festival da parte di Mahmood, nel 2019, durante la serata dei duetti.

Ora che non fanno più musica insieme – ci ha pensato poi Don Joe l’anno scorso a riaprire alla possibilità di avere un altro disco – è possibile apprezzarli nella loro interezza, ma nel corso degli anni non sono mancate le critiche, arrivate da ogni fronte: dai puristi del rap, orfani da poco di una scena dove troneggiava Neffa, come dalla morale pubblica, che vedeva in loro una sorta di Leviatano, fatto di violenza e pornografia, dato che hanno anche preso parte al film cult porno Mucchio Selvaggio, nelle scene meno hard, e persino dai loro stessi fan che hanno visto il loro “ingresso nel mercato”, la firma in major, come una svendita mai augurata; non sarebbe affatto strano definirli come il gruppo più influente nella storia del rap italiano. Nel rap game – made in Italy – sono stati loro l’influenza, che sia per la musica in sé, per i testi o per la Vida Loca.

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domenica 22 Dicembre 2024