Che cosa assaggiare in Piemonte
Chi vive in Italia e ha un minimo di passione politica, ha solo un modo per non pensare allo sfacelo democratico che ci circonda: affogare nel cibo. Del resto, abbiamo un mosaico culinario dove ogni provincia, anche la più piccola, ha sempre qualcosa di particolare da proporre.
La mia terra natia, il Piemonte, non è certo da meno. La cucina piemontese nasce dall’unione di ricette di origine contadina e di casa Savoia, ma risente anche di una certa influenza francese. Per ragioni di spazio, in questo articolo menzionerò solo 10 tra le tante imprescindibili tappe del percorso enogastronomico piemontese.
1 – Bagna càuda. Sarò sincera: la nomino solo perché è una specie di autorità nella mia regione ma, per chi come me non ama i piatti indigesti, meglio evitare. È come quel parente che nessuno sopporta ma che, siccome è di famiglia, tutti si ostinano a invitare.
2 – Tajarin. Per gli amici “tagliolini”. Una delle varietà di pasta fresca che preferisco. Condimento consigliato dalla chef: ricotta e pomodoro.
3 – Agnolòt dël plin. Agnolotti caratteristici della zona del Monferrato (ma ormai diffusi in tutta la regione), solitamente ripieni di carne. Il termine deriva dal “plin”, cioè dal pizzicotto che viene dato per chiuderli.
4 – Ris. Toglieteci tutto, ma non i risotti. Siamo notoriamente persone riservate e introverse, ma solo per un motivo: lasciamo che siano i nostri risotti a parlare.
5 – Vin. Una delle passioni più grandi di mio nonno era la vigna e, ça va sans dire, il vino. Personalmente, penso che la compagnia di un buon bicchiere di Barolo si avvicini molto al mio concetto di felicità.
6 – Polenta consa. Tra i piatti più “tosti” (nel senso che ci metti almeno due giorni per smaltirli), la polenta concia è l’unica eccezione che il mio apparato digerente consente. Uno dei piatti contadini per eccellenza, vista la strategica aggiunta di formaggio (il cui grasso aiutava ad affrontare le dure condizioni climatiche e lavorative) alla polenta.
7 – Tapulòn. Piatto a base di carne di asino tipico della mia città. Si dice sia nato da tredici pellegrini affamati che, di ritorno da una visita al santuario di San Giulio d’Orta, cucinarono un asinello che era al loro seguito. Per attenuare la durezza delle carni, queste furono spezzettate finemente e cotte a lungo nel vino. La pietanza piacque così tanto alla compagnia da convincerla a stabilirsi definitivamente nel luogo del pasto, dove fondarono l’odierna Borgomanero.
8 – Furmagg. Tome di ogni genere, Raschera, Castelmagno, Maccagno, Gorgonzola: i formaggi non ci mancano. Dico solo che a Bra (CN) Slow Food organizza “Cheese”, uno dei più grandi eventi internazionali sui formaggi.
9 – Giandojòt. Mal sopporto la quasi totalità dei dolci, ma per un gianduiotto farei carte false.
10 – Basin di dama. Biscotti di nocciole piemontesi ripieni di cioccolato, la cui forma ricorda due labbra da baciare (da qui il nome). Leggenda narra che siano nati dalla fantasia di un cuoco di casa Savoia nel 1852 su richiesta di Vittorio Emanuele II, desideroso di assaggiare un nuovo dolce. I baci di dama incontrarono l’approvazione e da allora vennero serviti sulle tavole reali d’Italia e d’Europa.
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giovedì 26 Dicembre 2024