Il nuovo Museo Nazionale Storico degli Alpini raccontato da Luciano Rinaldi, tenente di complemento in congedo

Nel 2018, sulla spinta dell’Adunata, sono iniziati i lavori di ristrutturazione del Museo Nazionale Storico degli Alpini di Trento, fondato nel 1958 sul Dosso della città, sfruttando una caserma austro-ungarica preesistente. “Era stato ideato già intorno agli anni ’30: il progetto, più articolato, prevedeva lo spianamento della collina dietro il Monumento a Cesare Battisti e la costruzione di una struttura razionalista denominata Acropoli Alpina. Tra il 1940 e il 1943 realizzarono la Strada degli Alpini. I lavori si fermarono nel dopoguerra per mancanza di fondi e per la necessità impellente di ricostruire l’Italia”, ci racconta Luciano Rinaldi, classe 1948, tenente di complemento in congedo, che accompagna i visitatori all’interno del museo.

Nel tempo, alla caserma vennero aggiunti la biblioteca, l’ufficio e la sala uniformi, ma erano anni che l’Associazione Nazionale Alpini pensava di ampliare gli spazi espositivi e di servizio, ritenuti insufficienti. Grazie al contributo della Provincia, a Pasqua del 2021 è stato, così, inaugurato il nuovo museo su progetto dell’ingegner Gianfranco Canestrini e dell’architetto Alessandro Tomasi. “L’unico vincolo fu il mantenimento della caserma austro-ungarica. Gli spazi sono ora quadruplicati: circa 1800 metri quadrati espositivi”, precisa Luciano.

Durante la costruzione sono stati rinvenuti resti di tombe longobarde – prima testimonianza certa del passaggio di questa popolazione in Trentino – e reperti archeologici risalenti a 2000 anni fa, alcuni dei quali ora trovano la loro collocazione proprio all’interno del rinnovato Museo Nazionale Storico degli Alpini. Anche l’esposizione si è aggiornata, grazie all’utilizzo di totem interattivi che introducono il visitatore.

La mostra si apre con un pezzo di artiglieria utilizzato nella Battaglia di Adua del 1896, battesimo del fuoco per il neonato corpo degli Alpini, fondato nel 1872 come fanteria da montagna per proteggere i confini italiani dall’Impero Austro-Ungarico e dalla Francia. Si passa poi alle divise, il cui famoso cappello fornisce tutte le informazioni su grado e appartenenza attraverso le mostrine, le nappine che sorreggono la piuma e il colore stesso della penna: bianca per gli ufficiali di Stato Maggiore, nera per tutti gli altri. Si arriva così, attraverso fotografie e reperti, alla Prima Guerra Mondiale, dove nasce il mito degli alpini. Nella Seconda vennero invece utilizzati prima nella campagna di Grecia e poi in quella di Russia, dove combatterono le divisioni Iulia, Cuneense e Tridentina, per un totale di 50.000 alpini. In seguito allo sfondamento del fronte, la sola divisione Tridentina riuscì a ripiegare, dopo dieci giorni di marcia e combattimenti.

“Con l’abolizione del servizio di leva obbligatorio – conclude Luciano – l’A.N.A. rischia di scomparire, nonostante sia la più grande associazione d’arma al mondo. Avere un Museo Storico degli Alpini significa custodire una parte di storia italiana che ha dei risvolti importanti a livello militare, civile ed etico e, pertanto, non deve essere dimenticata. Averlo a Trento è un omaggio a Cesare Battisti e a Fabio Filzi, che desideravano un Trentino italiano.”

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mercoledì 5 Febbraio 2025