La banalità del tempo e l’importanza della memoria
Guarda quel treno. È appena partito.
Ne ho visti tanti partire, senza dolore.
Sono sempre stato lì.
Dove? Non mi era concesso saperlo.
Osservo la pagina lucida di un libro: 27 gennaio, Giornata della Memoria. È l’anniversario della liberazione di Auschwitz da parte dei soldati sovietici, avvenuta il 27 gennaio 1945. È scuola. È storia. Per me è il ricordo della complicità. Affacciato ad una finestra ero solito osservare con meraviglia l’abitudinaria regolarità dei treni che passavano. Ero un bambino incapace di vedere. Ero un bambino polacco che viveva a pochi chilometri dai cancelli di Oświęcim – o come tutti la conosciamo – di Auschwitz.
Ero semplicemente un bambino. Sono trascorsi settantasei anni da quel ricordo. Ora, affacciato ad una finestra che conosco fin troppo bene, osservo la storia trascritta su un libro, senza comprenderla. La Giornata dedicata alla Memoria non è per me altro che il ricordo del mio fallimento. Uno spettatore silenzioso. I treni passavano e io li osservavo, uno dopo l’altro, inerme e ignaro della meta di quei vagoni ordinari. Eppure vedevo, eccome se vedevo, ma non volevo crederci: la mia anima non era in grado di accettare lo sterminio di migliaia di persone, di bambini, proprio come me. È la banale legge del tempo: nel presente scriviamo la storia senza riuscire a comprenderla, il passato è destinato a finire nell’oblio e l’unico modo che conosciamo per perpetuarlo è raccontarlo. Chi dimentica è complice. Così adesso ricordo, anche se non sono riuscito ancora a comprendere come dietro a un treno e allo stupore di un bambino potesse celarsi una così atroce realtà.
La Giornata della Memoria esiste perché – ormai più di settant’anni fa – milioni di persone, proprio come me, hanno assistito impotenti all’avverarsi di una tragedia. La Giornata della Memoria esiste perché la commiserazione non basta per comprendere il messaggio della storia: bisogna renderlo attuale. La Giornata della Memoria esiste per insegnare a tutti noi che cantare “la storia siamo noi” non basta: la storia siamo stati e saremo noi. Soltanto allora riusciremo a capirla. È questo il grande e magnifico ruolo della storia: plasmare la memoria e con essa la nostra capacità di sapere, capire e comprendere. Storia: vaccino contro l’ignoranza e medicina contro l’indifferenza.
Così, da bambino inconsapevole e spettatore “colpevole”, io oggi ricordo.
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giovedì 26 Dicembre 2024