Incontro (casuale) con lo scrittore Nicola Lagioia
Ho appena finito di lavorare e mi trovo nella stazione di Bari Centrale. Molti treni in arrivo sono in ritardo e la fame mi divora l’anima. Come sempre.
Da tempo avanzo una teoria: le stazioni, insieme ai bistrot, agli aeroporti e ai bagni pubblici degli autogrill sono dei magnifici luoghi di incontro, quasi fossero stati inventati apposta per far relazionare la gente. Tuttavia, non immaginavo fino a che punto, finché un uomo sulla quarantina è comparso improvvisamente davanti ai miei occhi. Il soggetto in questione sta dibattendosi al cellulare, gli auricolari in una mano, la valigia nell’altra. Sembra essere uno dei tanti commessi viaggiatori di passaggio, invece è uno degli scrittori più capaci del nostro Paese. E non è una frase di circostanza.
Nel mio borsello da battaglia, manco a farlo apposta, c’è il suo ultimo libro, La ferocia, appena uscito con Einaudi.
Sorpreso dall’assurda coincidenza, mi avvicino timidamente. Vorrei fermarlo e a un tempo solo non vorrei disturbarlo. Lui mi nota, e mi fa segno che posso avvicinarmi. Tendo una mano per presentarmi. Ma si presenta prima lui:
– Piacere, Nicola.
– Ciao… Nicola… (comincio a balbettare alla stregua di un vecchio scarabeo in accensione) Il… piacere è tutto mio. Mi chiamo Michele… Volevo dirti che ti seguo da sempre e trovo davvero interessante il tuo modo di scrivere. (Vi viene in mente frase più banale?)
– Ma dai non ci credo!
– E invece devi crederci – gli dico.
Tiro fuori il libro dal mio borsello.
Nicola sgrana gli occhi. È incredulo.
– Posso firmartelo o ti dispiace? – mi dice.
– Ma ci mancherebbe – gli rispondo e gli porgo il volume sotto gli occhi.
Tra me e me penso subito: primo caso al mondo in cui è uno scrittore a chiedere a un lettore di poter autografare il suo libro – quando si dice: l’Umiltà.
Comunque. A parte la tremarella e resto appresso, gli confido che il libro mi sta piacendo parecchio e che, a mio modesto parere, mancava davvero, sugli scaffali delle librerie, una storia così. Al centro del romanzo, una ricca e spietata famiglia di palazzinari barese che si trova improvvisamente a fare i conti con il suicidio di una delle due figlie, Clara. Le domande sono tre: cosa si nasconde dietro questa tragedia? Cosa si cela dietro il suo sguardo magnetico che in molti hanno tentato, nel tempo, di catturare? C’entrerà qualcosa il legame con i fratelli, in particolare quello con Michele?
Come ha scritto Emanuele Trevi, sul Corriere della Sera: «Alla fine, tutto sembra infettato dalla stessa malattia senza nome: gli uomini e le loro proprietà, la città e il suo mare, la vittima e i suoi assassini. E se si può dire che La Ferocia è un libro di indagine, non è meno vero che la verità, quando arriva, non redime né libera nessuno: semmai, è il sigillo della colpa, l’ultima disgrazia».
Morale della storia, vi posso garantire una cosa: è bello incontrare, per caso, lo scrittore del libro che stai leggendo.
Cultura
Twitter:
giovedì 26 Dicembre 2024